La previsione: Vasco Boatto, direttore Centro Interdipartimentale di Ricerche in Viticoltura ed Enologia dell’ateneo patavino e membro del Comitato Scientifico di Rive, analizza le prospettive a medio e lungo termine del mercato del vino. In una generale staticità, i produttori di spumanti potranno ancora beneficiare di una crescita annua dei consumi pari al 5-6%. Chi raccoglierà il guanto della sfida? Per il Prosecco due le strade da seguire: innalzare il posizionamento del prodotto e garantire uno sviluppo equilibrato dell’offerta.
Professor Boatto quali sono le dinamiche a breve e medio termine del mercato del vino?
“Teniamo presente che, nel panorama dei vini c’è, a livello mondiale, una sostanziale staticità del mercato, anche se si nota qualche leggero segnale di cambiamento che arriva dai nuovi Paesi consumatori, soprattutto dell’area asiatica. Sono ancora segnali deboli, che vanno confermati nei prossimi anni. In generale non ci attendiamo una grande crescita dei consumi di vino nel mondo.. La produzione evolve con andamenti abbastanza contenuti e coerenti con gli andamenti del mercato, anche se ci sono situazioni contingenti e legate alle situazioni climatiche, come quelle che hanno caratterizzato quest’anno e a causa delle quali ci sarà una minore offerta”.
In questa staticità i vini spumanti, con la continua crescita negli ultimi anni costituiscono quindi un’eccezione?
“La situazione è diversa per quanto riguarda gli spumanti, che da anni confermano un trend in crescita nei consumi che dovrebbe mantenersi nei prossimi anni ed è stimabile in un + 5-6% in più all’anno. La sfida resta però aperta: quali spumanti, nel mondo, ne beneficeranno? Non c’è solo il Prosecco: ci sono il Cava, l’Asti, lo Champagne, altri spumanti secchi con metodo charmat. Il panorama è articolato”.
Il Prosecco parte in pole position: quali sono le condizioni eccezionali che gli garantiscono questa posizione?
“In questa fase il Prosecco ha conquistato un vantaggio che poggia su due fattori primari: il rapporto qualità-prezzo, che lo rende accessibile a tanti, anche a chi, soprattutto nella fascia giovanile, si accosta sporadicamente al consumo di vino. Il Prosecco appaga un ampio target di consumatori perché ha un contenuto alcolico relativamente basso e caratteristiche sensoriali e gustative molto accattivanti. Il secondo fattore è legato alle intermediazioni: avendo un prezzo relativamente accessibile, chi si occupa della distribuzione, soprattutto per il setore Horeca, riesce ad avere delle buone marginalità. Al ristoratore conviene avere nella propria carta dei vini dei Prosecchi, perchè si garantisce una buona rotazione delle scorte e può effettuare un ricarico di rilievo”.
Come potrà fare il Prosecco a vincere la sfida con gli altri spumanti e conquistare ulteriori fette di mercato?
“La sfida del Prosecco è quella di innalzare il posizionamento del prodotto sui mercati dove si sta consolidando o si è già affermato il suo consumo. Parlo sia dell’Italia, sia dell’estero. Quando si parla di Prosecco bisogna tener presente la profondità della gamma: esistono tanti Prosecchi con caratteristiche differenziate. Siamo in un territorio che va esplorato in termini di potenzialità: su questo le imprese hanno molto da approfondire. Questo è il quadro dal punto di vista del mercato, ma è anche necessario garantire uno sviluppo dell’offerta che sia equilibrato. In questo senso ci sono tutta una serie di azioni che i consorzi e le filiere produttive mettono in atto: fino ad oggi queste attività di affiancamento e supporto hanno funzionato egregiamente”.
Cosa intende per sviluppo equilibrato dell’offerta?
“L’obiettivo è quello di garantire che il valore creato sia distribuito in modo equilibrato tra i vari anelli della filiera: coltivatori, produttori, distributori. Ad oggi il mercato non è del tutto assestato, quindi ci sono ancora delle tensioni, con maggiori e minori marginalità. Lo sforzo, che mette tutti d’accordo, è quello di cercare di aggiustare questo divario: il problema è trasformare queste idee in una meta concreta”.
Quali potrebbero essere le attività concrete da mettere in campo?
“Non è semplice: servono strumenti e accordi. Servono le azioni sui mercati: attività di comunicazione e promozione. C’è stato un progresso crescente nelle risorse a questo destinate, e sono aumentate anche la professionalità, la chiarezza dei messaggi comunicativi, l’incisività delle azioni di marketing. Molto si è fatto, ma ora non bisogna allentare la guardia. La sfida è sui nuovi mercati: bisogna capire come aggredire i mercati asiatici, che sono complessi e richiedono un investimento di medio termine, con ritorni nel giro di anni. In questo contesto dovrebbero coesistere un adeguato sostegno pubblico e un importante gioco di squadra nel settore”.